Tributo al Ginza Sushi King


Il Ginza Sushi King è stato un ristorante giapponese di Torino, il primo che ho avuto modo di frequentare in assoluto.

Non ricordo quando ci mangiai per la prima volta, forse fu nei primi anni 2000: di solito andavo assieme a mio fratello e nostro cugino, ma è capitato di andare anche con gli amici del gimi.

A quei tempi era per me era un’esperienza fighissima: era come essere un turista in viaggio in Giappone, quel luogo non-luogo che a molti evoca un fascino irresistibile.

Per quanto ricordo, in città non era ancora diffusa la moda/abitudine di mangiare cibo Giapponese come è oggi, conoscevamo e frequentavamo solo il Ginza. C’era poi anche il Wasabi in corso Ferrucci, che però aveva la fama di essere un po’ meno alla mano per dei giovani squattrinati come noi.

Il Ginza si trovava su corso Vittorio, a metà strada tra Porta Nuova ed il Po, in zona San Salvario. Non era grandissimo, era composto da un’anticamera dove si attendeva il proprio turno e si pagavano i conti e poi dalla vera e propria sala, composta da una serie di tavolini quadrati (non più di una ventina se ben ricordo) e da un tavolo mensola a cui ci si accomodava grazie a degli sgabelli alti. Sul muretto, dove era fissata la mensola, era collocato un piccolo nastro trasportatore: lì giravano i piattini preparati al momento dai cuochi che stavano nella cucina a vista al fondo della sala. Tutto era molto coreografico e rendeva l’esperienza del kaiten-zushi a Torino più esotica e autentica.

Ricordo che in sottofondo c’era sempre della musica molto tranquilla, quasi sempre strumentale dai ritmi lenti e suoni etnici tipica delle selezioni in stile Buddha Bar.

Nel caso si fosse optato per il menù fisso, si poteva attingere in autonomia dal nastro e prendere tutto quello che si voleva: furono tra i pionieri della formula “all you can eat” a Torino: credo che questa fu la fortuna e al tempo stessa la rovina del Ginza.

Da una parte si poteva mangiare tanto, dando via a vere e proprie competizioni con gli altri e con sé stessi (tipiche erano le variopinte pile di piattini sparse per tutto il locale), dall’altra poteva essere un’esperienza noiosa o poco appagante, specie se in testa al nastro capitavano persone particolarmente ingorde ed egoiste.

In genere aprivamo con una ciotola di spaghetti saltati con verdure, per poi passare a maki e nigiri, ma la scelta era varia, specie nei primi periodi. A fine pasto il mochi, che rappresentava una sfida ancor più particolare: non era cattivo di gusto ma dannatamente difficile da masticare e deglutire.

Col tempo proliferararono nuovi ristoranti, con essi la concorrenza sui prezzi e sulle offerte si fece più aggressiva, influendo sulla qualità generale. Perfino i supermercati iniziarono vendere sushi fresco al banco e quella magia si perse.

Così un giorno (tra il 2015 e il 2016) il Ginza purtroppo chiuse. Cercando su internet informazioni a riguardo, ho visto che il numero telefonico era associato ad un altra attività “Nuovo Panda S.A.S. Di Zhang Su Hua“, sempre al civico 29 di Corso Vittorio. Non so se Zhang Su Hua fosse già il proprietario del Ginza o abbia rilevato il numero. Il panda è stata una catena di sushi di cui però oggi si è persa traccia. La mia speranza e che abbiano cambiato per il meglio.

A parte i vecchi nostalgici come me, non so quanti ne conservino un buon ricordo, almeno a vedere le poche testimonianze che si trovano ancora in rete.

Per me il Ginza rimarrà sempre imbattibile, nessun altro ristorante Giapponese in città è più riuscito a darmi quelle suggestioni, e non credo avverrà più.

Per l’immagine si ringrazia la Wayback Machine (https://web.archive.org/web/20041128070554/http://www.sushiking.it/)